Qualcosa di mezzo tra riflessione, responsabilità e poesia…! Leggere e…rileggere. Grazie all’autrice del pezzo.
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Adesso è forse il tempo della cura. – Dell’aver cura di noi, di dire “noi”. Un molto largo pronome – in cui tenere insieme i vivi, tutti: quelli che hanno occhi, – quelli che hanno ali, quelli con le radici e con le foglie, quelli dentro i mari, e poi tutta l’acqua, averla cara, e l’aria – e più di tutto lei, la feconda, la misteriosa terra. – È lì che finiremo. Ci impasteremo insieme a tutti quelli che sono stati prima. Terra saremo! Guarda lì dove dialoga col cielo – con che sapienza e cura cresce un bosco.
Si può pensare che, forse, c’è mancanza di cura lì dove
viene esclusa l’energia femminile dell’umano. Per quella energia sacrificata,
nella donna e nell’uomo, il mondo forse s’è sgraziato, – l’animale che
siamo s’è tolto un bene grande.
Chi siamo noi? Apriamo gli occhi. Ogni millimetro di cosmo
pare centro del cosmo, tanto è ben fatto, tanto è prodigioso. Chi
siamo noi, ti chiedo, umane e umani? Perchè pensiamo d’essere meglio
di tutti gli altri? Senza api o lombrichi la vita non si tiene, ma senza noi,
adesso lo sappiamo, tutto procede!
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Pensa la primavera scorsa: son bastati tre mesi – il cielo, gli animali nelle nostre città, la luce, tutto pareva ridere di noi. Come liberato dall’animale strano che siamo, arrivato da poco, feroce come nessuno.
Teniamo prigionieri milioni e milioni di esseri viventi – e li maltrattiamo. Poi ce li mangiamo, poveri malati – che a volte non sanno stare in piedi tanto li abbiamo tirati su deformi – per un di più di petto, per più latte.
Chi siamo noi ti chiedo ancora? – Intelligenze, sì, pensiero, quelli con le parole. – Ma non vedi come non promettiamo durata? Come da soli ci spingiamo fuori dalla vita. – Come logoriamo lo splendore di questo tiepido luogo, infettando tutto e intanto confliggiamo fra di noi.
Consideriamo il dolore degli altri e delle altre specie. E la disarmonia che quasi ovunque portiamo. Forse imparare dall’humus l’umiltà. Non è un inchino. È sentirsi terra sulla nobile terra, impastati di lei. Di lei devoti ardenti innamorati.
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Dovremmo innamorarci, credo. Sì. – Di ciò che è vivo intorno. E in primo luogo vederlo. – Non esser concentrati solo su noi. Il meglio nostro di specie sta davanti, non nel passato. L’età dell’oro è un ricordo che viene dal futuro.
Diventeremo cosa? È una grande avventura, di spirito, di carne, di pensiero: un’ascesa ci aspetta. Eravamo pelo musi e code. Diventeremo cosa?
Diremo io o noi? E quanto grande il noi – quanto popolato? Che delicata mano ci vuole ora, – e che passo leggero, e mente acuta, pensiero spalancato al bene. Studiamo.
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Impariamo dal fiore, dall’albero piantato, da chi vola. Hanno una grazia che noi dimentichiamo. Cura d’ogni cosa, non solo dell’umano.
Tutto ci tiene in vita. – Tutto fa di noi quello che siamo.
Mariangela Gualtieri