Secondo quanto pubblicato in un lavoro di Giovanni Solimine dal titolo L’Italia che legge (Laterza, 2010), solo il 45,1 % della popolazione con un’età superiore ai 6 anni ha letto un libro nel corso dell’ultimo anno. Solo l’11,7 % della popolazione frequenta le biblioteche. Più di 2 milioni di persone di età compresa tra i 15 e i 65 anni, pari al 5,4 % della popolazione, risultano analfabete funzionali. Sono queste informazioni elaborate a partire da dati del CEDE – Centro Europeo dell’Educazione, divenuto nel 1999 il ben più celebre INVALSI – Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione, per il quale tutti i nostri bambini e ragazzi che frequentano la scuola dell’obbligo annualmente compilano dei test per valutare il livello della scuola italiana. Certo, seguendo la bella ed esplosiva relazione di Johnny Dotti tenuta domenica 15 dicembre 2019 proprio all’Oratorio di Pandino non possiamo ritenere che la vita di un ragazzo sia valutabile esclusivamente attraverso questi parametri. Tuttavia il dato resta preoccupante!
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Ecco allora che anche in Oratorio abbiamo pensato ad un percorso di avvicinamento alla lettura ad alta voce per piccolissimi, dagli 0 ai 6 anni d’età accompagnati da genitori e/o nonni. Tre incontri, giusto per iniziare… Il primo di questi sarà proprio DOMENICA 19 GENNAIO 2020 alle ore 16.00 all‘Oratorio di Pandino.
Forse è giunto davvero il momento di prendere atto che bisogna cominciare dall’inizio, e cioè dalla primissima infanzia: per aumentare la quota di lettori in Italia si deve puntare su chi non sa ancora leggere… Ecco le risposte ad alcuni perché?!?
Perché la promozione della lettura ad alta voce in famiglia in epoca precoce è efficace ai fini dello sviluppo del bambino? I concetti chiave in questo caso sono promozione, lettura, famiglia ed epoca precoce. Vediamo di approfondirli, secondo una sequenza logica che parte dalla lettura e dal suo rapporto con la literacy. Il concetto di literacy va oltre il saper leggere e scrivere; esso implica “la capacità a identificare, capire, interpretare, creare, comunicare, elaborare e usare materiale scritto nei più differenti contesti ambientali”. [UNESCO 2004] È noto che, in generale e fatte salve variabili di tipo genetico, disordini dello sviluppo e problemi psicosociali dei genitori, i bambini che vivono in contesti ricchi da un punto di vista delle letture disponibili in casa (libri, riviste, giornali) hanno uno sviluppo maggiore del linguaggio e imparano a leggere prima e con meno difficoltà. Le ricerche effettuate a partire dai primi anni ’90 sulla promozione della lettura precoce negli Stati Uniti hanno dimostrato che i bambini cui viene letto fin dal primo anno di vita con una certa continuità hanno uno sviluppo del linguaggio sia recettivo che espressivo maggiore e in seguito incontrano meno difficoltà nell’apprendimento della lettura. Gli studiosi del processo di alfabetizzazione parlano a questo proposito di emergent literacy, termine che può essere definito come l’insieme delle competenze relative alla lettura e alla scrittura che possono essere precocemente acquisite nei bambini in età prescolare e che ne faciliteranno successivamente l’autonoma capacità di lettura e scrittura.
L’emergent literacy è basata sulla nozione che il bambino acquisisce abilità nelle competenze dell’alfabetizzazione non solo come un risultato di istruzioni dirette, ma come un prodotto di un ambiente stimolante e responsivo. Le abilità di lettura negli anni successivi sono direttamente correlate all’esposizione al linguaggio. Gli studi dimostrano come il vocabolario di un bambino di 3 anni sia fortemente correlato alla quantità e alla varietà di parole ascoltate a 8 mesi di vita e che, in contesti svantaggiati dal punto di vista culturale, i bambini sono esposti a circa 30 milioni di parole in meno rispetto ai loro coetanei. Un bambino che legge con maggiore difficoltà avrà più probabilità di avere difficoltà nella sua carriera scolastica e di andare incontro a evasione scolastica, bassi livelli educativi, e minori opportunità lavorative da adulto. Un bambino che legge e trova piacere a farlo troverà più facilmente stimoli continui per la propria crescita personale. La lettura ad alta voce in epoca precoce non solo stimola lo sviluppo del linguaggio e le abilità cognitive ma favorisce nei bambini la motivazione, la curiosità e la memoria, tutte funzioni che vengono a comporre il bagaglio intellettuale ed emotivo complessivo del bambino.
L’importanza dell’inizio in epoca precoce è legata alla plasticità cerebrale, cioè la capacità del cervello di variare funzione e struttura che consiste nella produzione di nuove connessioni tra i neuroni chiamate sinapsi, è massima nei primi due-tre anni di vita. Esiste quindi una “finestra di opportunità” durante la quale gli effetti della stimolazione ambientale sullo sviluppo della struttura cerebrale e sulle sue funzioni sono massimali, e questo vale in particolar modo per quanto riguarda le funzioni legate al linguaggio. Gli effetti di stimolazioni cognitive nei primi tre anni di vita sono rilevabili anche a molti anni di distanza in termini di literacy e di sviluppo intellettuale complessivo.
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L’importanza che questo avvenga nell’ambito familiare è determinato dal fatto che come la scienza dell’apprendimento ha ben dimostrato, lo stimolo cognitivo è tanto più efficace e tanto più viene memorizzato quanto più è collegato a esperienze emotive. Se le esperienze emotive sono piacevoli, è più probabile che quell’attività sia poi ripresa dal bambino, che non solo svilupperà competenze linguistiche maggiori ma “imparerà” ad amare i libri e la lettura in quanto legate a momenti ed esperienze piacevoli vissute assieme ai genitori o a persone con cui vi è un forte legame affettivo. Questa verità “scientifica” trova riscontro nell’esperienza personale di molti.
In che senso si può dire che la lettura precoce sia anche utile ai genitori? Come è immediatamente riscontrabile nella pratica quotidiana di tutti coloro che sono impegnati nella promozione, i genitori “scoprono” con entusiasmo l’interesse dei bambini anche molto piccoli rispetto all’oggetto libro e la capacità del bambino di rispondere agli stimoli sia visivi che uditivi prodotti dalla lettura. Si rendono conto che le competenze e l’interesse del bambino esistono ben prima di quanto potessero supporre e possono essere valorizzate e stimolate e dare immediati riscontri. Sono inoltre entusiasti del rapporto che si crea con il bimbo e di poter disporre di uno strumento in più di vicinanza sia fisica che affettiva con i propri bambini. Si sentono genitori più competenti e sono contenti di questo. Il fatto di diventare progressivamente più esperti nel capire come, quando e che cosa leggere è per loro motivo di soddisfazione, e sentono di fare una cosa utile per il loro bambino che è anche piacevole per loro. In definitiva, la lettura ai bambini può essere definita come un vettore di competenze genitoriali. I libri forniscono inoltre al genitore, e ancora una volta soprattutto a quello meno “attrezzato” ed esperto, una struttura del linguaggio e un vocabolario appropriati da usare con i loro bambini: parole semplici e frasi brevi a cui i genitori possono aggiungere una modulazione del tono e un’esagerazione delle unità acustiche che aiutano nella discriminazione dei suoni più diffusi.
Perché la promozione della lettura richiede un intervento di stimolo esterno, richiede, appunto, di essere “promossa”? Una ricerca svolta quando Nati per Leggere (progetto da cui abbiamo attinto i dati per questo articolo, ndr) muoveva i primi passi in Italia, cioè 10 anni fa, ha dimostrato che in Italia l’attitudine alla lettura definita come abitudine a leggere ai bambini nei primi anni con una certa continuità (tre-quattro volte alla settimana) era presente in una minoranza delle famiglie al Centro Nord (dal 20% al 30%) e in una ancora più sparuta minoranza al Sud (intorno al 10%). Non c’è quindi da meravigliarsi che in Italia si legga in media molto poco, e che la literacy, così come dimostrato dai test standardizzati svolti sul piano europeo, ci veda situati nelle parti più basse della classifica tra i Paesi sviluppati. È evidente che nella maggior parte delle famiglie non vi sono gli strumenti e l’esperienza personale per sviluppare la pratica della lettura precoce in assenza di stimoli e spiegazioni che vengano dall’esterno. Quindi la promozione della lettura è molto più importante quando la famiglia non ha già in sé la consapevolezza e gli strumenti per farlo. Non a caso questa attività è particolarmente efficace a colmare il divario che già nei primi anni di vita si crea tra bambini provenienti da famiglie con livelli educativi e culturali diversi.