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Per la seconda volta, da quando il vescovo Antonio ha promosso la “Giornata per le famiglie”, un gruppo di Pandino ha partecipato all’iniziativa, che si è svolta domenica scorsa, 16 febbraio. Qui li vediamo in un momento di sosta.
Un piccolo sforzo, ma necessario per allargare gli orizzonti, fare nuove conoscenze e sentirsi partecipi della vita diocesana.
Missionaria a km0: è questa la definizione di famiglia che è emersa e ha provocato le coppie di coniugi presenti con i loro figli al Convegno.
Ad animare la riflessione l’intervento di don Paolo Arienti e la testimonianza dei coniugi Balestreri, coppia milanese che partecipa appunto al progetto delle “Famiglie missionarie Km0”.
La giornata in Seminario si è aperta con la preghiera guidata da don Gianpaolo Maccagni, vicario episcopale per il Clero, che ha introdotto il tema “Famiglia di famiglie: Work in progress” con la lettura di un passaggio di Amoris Laetitia e un breve pensiero di augurio ai partecipanti; è stata poi Mariagrazia Dainesi ad introdurre gli interventi ponendo la domanda-guida per l’intera giornata: «Come possiamo aiutare la Chiesa ad essere davvero una “famiglia di famiglie”?»
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Di ritorno dal Perù i coniugi Balestreri hanno messo la loro esperienza missionaria a servizio della diocesi di Milano, che accettando un «cambio di prospettiva teologico» ha avviato il servizio delle famiglie missionarie, che oggi coinvolge in diverse province d’Italia una trentina di coppie e i loro figli. Vivono in parrocchie dove il parroco è lontano o dove – come nel caso dei relatori – si sta costituendo una unità pastorale, oppure affiancano i sacerdoti nella missione sul territorio. «La missione – commentano rispondendo ad una delle domande suscitate dalla loro testimonianza – è annuncio e riguarda costitutivamente la famiglia».
L’esperienza ha suscitato interesse e domande nei presenti. «Non siamo sacrestani, non ci sostituiamo ai sacerdoti, ma siamo quelli che tengono accesa la luce della canonica… che è la casa di tutta la comunità». Così Giovanni e Chiara hanno raccontato le fragilità e le difficoltà di una famiglia come tutte, con i tempi del lavoro e dei figli, ma anche il coinvolgimento di tante altre famiglie nella corresponsabilità alla vita comunitaria.
«Portare una famiglia in parrocchia – osservano – è una rottura degli schemi, ma anche una forma di apertura. In cui il progetto e le azioni pastorali non sono importanti quanto la presenza».
Una testimonianza di grande interesse ripresa poi nei lavori di gruppo del pomeriggio.